Che l’Europa avesse intenzione di impedire l’elusione fiscale ai colossi americani era ormai fin troppo chiaro, e che nel mirino – oltre all’ormai pluri-additata Google – fossero finiti anche colossi del commercio come Amazon non era di certo un segreto: insieme all’ex Fiat ed alla catena Starbucks, infatti, il tribunale di Bruxelles aveva aperto un’indagine lo scorso Ottobre contro lo stato del Lussemburgo, accusato di aver offerto accordi fiscali fin troppo vantaggiosi per accaparrarsi i ghiotti clienti danneggiando così gli Stati concorrenti.
LEGGI ANCHE | Fisco: anche Amazon nel mirino dell’UE
La grande sorpresa è che Amazon verrà incontro all’Europa ed acconsentirà di pagare le tasse dovute negli stati Europei che godono del servizio, sottostando al regime fiscale di ciascuna nazione, uscendo quindi dal regime agevolato offerto dal Lussemburgo – o meglio, tenendolo soltanto per Amazon Lussemburgo.
Rivediamo regolarmente la nostra struttura di mercato per assicurarci di poter servire al meglio i nostri clienti e fornire prodotti e servizi aggiuntivi.
ha dichiarato un portavoce di Amazon, dichiarando che la nuova politica sarebbe già entrata in vigore lo scorso 1 Maggio dopo un lungo periodo di “maturazione” e di definizione di strategia: la decisione di introdurre una tassazione senza scappatoie legali, stando alle parole del portavoce, era stata già approvata due anni fa.
Una mossa che lascia sorpresi in molti, soprattutto alla luce del fatto che il capo dell’Antitrust Europea – Margrethe Vestager – aveva dichiarato che la decisione dei regolatori sarebbe stata posticipata (il termine ultimo era il mese di Giugno) a causa della mancanza di dati. Non è comunque chiaro se la decisione di attuare la riforma in questo periodo sia stata presa spontaneamente o sia conseguenza delle pressioni ricevute dall’Europa.
Una cosa è certa: Amazon dovrà rendere conto dei suoi guadagni in ciascuno Stato Europeo per cui offre servizi, Italia compresa, ed il conto da pagare sarà decisamente più alto rispetto a quello che il Lussemburgo e la sua pressione fiscale minima hanno reso possibile fino ad oggi.
Resta da vedere se questa regolamentazione alzerà il prezzo della merce (applicandovi magari una commissione) e soprattutto se, e in che modo, andrà ad influire su eventuali partnership del programma di affiliazione. Ciò che vien naturale pensare è che la decisione di Jeff Bezos rappresenta un precedente molto importante per tutte le altre aziende statunitensi che ad oggi godono di un regime fiscale agevolato, le quali potrebbero presto ritrovarsi – de jure o de facto – a regolamentare la propria posizione esattamente come ha fatto Amazon.
La speranza è che questa decisione non vada ad intaccare il servizio (e per qualità, e per prezzo) offerto all’utente finale, che della pressione fiscale elevata del proprio Stato di appartenenza (Italia inclusa) non ha colpa alcuna.