Gli scenari apocalittici su ciò che riguarda il World Wide Web si sono sprecati e di certo la rete non è la stessa di trent’anni fa e tanti limiti che allora sembravano infrangibili sono stati letteralmente disintegrati: inizialmente si pensava che prima o poi lo spazio materiale per costruire nuovi server sarebbe stato saturato, poi che la crescita esponenziale del numero dei dispositivi connessi e la conseguente terminazione degli indirizzi IPv4 disponibili avrebbe sancito la fine dei tempi.
Fortunatamente, nonostante i server siano sempre di più e i dispositivi connessi pure, lo spazio non manca ed è stato inventato il protocollo IPv6, per cui quella che sembrava una potenziale apocalisse è stata scongiurata. Almeno per il momento, poiché da Birmingham arriva l’allarme che induce a pensare, ancora una volta, alla fine del web.
Questa volta la profezia è di Andrew Ellis, professore della Aston University, che in una recente conferenza ha fatto notare agli ingegneri come il progresso delle tecnologie di rete sia nettamente superiore a quello delle infrastrutture fisiche per la telecomunicazione, e come – se qualcosa non cambierà –
Entro i prossimi otto anni non riusciremo più ad inserire dati.
In realtà il discorso, apparentemente apocalittico, è molto più complesso e trova in effetti un senso: secondo Elliss ed alcuni ingegneri riuniti alla Royal Society di Londra, il rischio materiale è che la capacità della rete e delle infrastrutture materiali finisca per saturarsi e non riuscire a soddisfare più la richiesta di un traffico dati sempre più veloce, provocando così un vero e proprio collasso del web.
In altre parole, la colpa sarebbe da attribuirsi al boom di diffusione dei servizi di streaming video ed alla qualità dei formati richiesti, sempre più alta con il passare del tempo. Il monito vero e proprio, in effetti, è quello che la richiesta nei livelli “alti” delle architetture di rete potrebbe essere più rapida della capacità degli ingegneri di adattare fisicamente le strutture ai livelli più bassi, poiché esistono comunque dei limiti che ad oggi sono estremamente difficili da superare o, in qualche caso, assolutamente insormontabili.
Ad oggi, appunto: parlando di tecnologia 8 anni rappresentano un’era geologica e, se è vero che il monito resta, ritenere uno scenario del genere a dir poco apocalittico è probabilmente troppo.
Il progresso è una macchina senza sosta e, sebbene l’adattamento fisico potrebbe procedere più lentamente, potrete stare pur certi che la ricerca finirà per soddisfare la richiesta di infrastrutture di telecomunicazione sempre più potenti – e, soprattutto, sempre più capienti. Fattibile, si, ma secondo Ellis ad un prezzo materiale più che ingegneristico: l’evolversi delle infrastrutture e della relativa capienza finirà per costare economicamente molto di più sia ai big player del settore che alle tasche degli abbonati.
«Push the boundaries» resta comunque la parola d’ordine.