Ogni giorno usiamo parole nate o entrate nel gergo informatico anche per azioni ed oggetti della vita quotidiana, sopratutto dai Social Network sono nati dei vocaboli e dei verbi che derivano da azioni che compiamo frequentemente. Una parola nata dal gergo finanziario ma che ora ha preso un significato proprio nella politica, nell’hi-tech e nell’informatica, è il termine default. Nonostante il termine default venga sentito spesso in informatica, esso deriva dal gergo economico e ha origine dal francese defaillir, cioè fallire, che a sua volta deriva dal latino defallere, cioè mancare di qualcosa (un sinonimo può anche essere il verbo deficere).
In economia indica la mancata capacità di un debitore di far fronte ai propri impegni, o per citare l’attuale situazione dello stato ellenico, la situazione che si crea quando uno stato va in fallimento. Questo termine nel gergo informatico è usato come sinonimo di “preimpostazione”, cioè un qualcosa che è stato impostato all’origine. La parola default si è fatta strada nell’informatica con l’avvenimento dei computer e dei sistemi che erano soggetti a continui “crash”, cioè blocchi improvvisi che necessitavano di un riavvio del sistema con le impostazioni di default, cioè le impostazioni iniziali del sistema o del dispositivo. Oggi nell’informatica si usa questo termine anche per indicare l’impostazione standard di un programma usata quando un developer (un programmatore) o un utente non indica un’altra alternativa all’installazione di un software.
Ma come fanno i programmatori a scegliere le impostazioni di default per la futura utenza del software? Di solito si “setta” (si imposta) il programma anche per un utenza alle prime armi e che usa per la prima volta un software; altri punti da tenere in conto sono la risoluzione del PC che verrà usata nel programma, la risoluzione più diffusa è di 1280×1024 pixel. Poi, si pensa anche ai comandi: un utente novello non ricorderebbe i comandi o le scorciatoie da tastiera.
E quali sono i termini che utilizziamo di più derivati dai Social Network? Di seguito alcuni esempi di termini usati spesso nella vita quotidiana che riguardano i social network di punta.
Su Facebook ad esempio, il termine “tag”, usato per collegare ad un’azione una persona o un evento citandolo con la chiocciola “@” seguita dal nome di quest’ultima, si è trasformato nel verbo “taggare” ed ora noi decliniamo questo verbo come se fosse un termine comune. Il termine tag è molto utilizzato anche nel World Wide Web, e non solo nei Social Network. Un tag è una keyword (parola chiave), associata ad un contenuto come una foto (Social Network come Tumblr, Flickr ed Instagram), un video (YouTube), un post o un articolo (Blogger, WordPress ed ogni tipo di Blog).
I tag vengono utilizzati per facilitare la ricerca di un contenuto anche nel SEO (Search Engine Optimization), cioè nella scienza statistica del ranking di una pagina su motori di ricerca come Google e Bing. Tornando ai Social Network, su Twitter i termini sono ben diversi e derivano dall’inglese: si parte dai tweet, che sarebbero dei semplici stati come quelli di Facebook, e ci si avvale del verbo “tweettare”. Inoltre, su Twitter non si inviano le richieste di amicizia, qui le persone si “followano”, dal verbo “followare” derivato dalla parola inglese “follow” che significa, nella lingua del tricolore, “seguire”.
Da questo si può dedurre che i follower sono le persone che seguono un altro utente. E cosa dire di Google+? Oramai tutti utilizzano il termine “accerchiati” e tutte le sue sfumature.
Il mondo della Rete ha assunto ed ha creato termini che usiamo quotidianamente, dunque siamo noi che ci incastriamo facilmente nella grande Ragnatela o è la Ragnatela che ormai è così grande da condizionarci continuamente la vita? A voi l’opinione, e magari elencateci quali termini “strani” avete ereditato dall’informatica e dai social network.