C’è una domanda piuttosto ricorrente per quanto riguarda le due distribuzioni Linux più installate di sempre: sono uguali? Si equivalgono? Quali sono le differenze tra le due? Ovviamente stiamo parlando di Ubuntu e Linux Mint, rispettivamente genitore e derivata, che apparentemente sembrano essere profondamente diverse ma che, nel profondo, hanno più punti in comune di quanto uno sguardo possa decretare.
Quindi detto fatto, abbiamo messo spalla a spalla le due distribuzioni per meglio capire le analogie, le differenze ed i punti caratteristici di ciascuna di esse! Per questo confronto abbiamo preso in analisi le due più recenti versioni di Ubuntu e Linux Mint, con le proprie configurazioni di default sia in desktop che in parco applicativo. Nella fattispecie si tratta di:
- Ubuntu 15.04 Vivid Vervet, ISO completa (link)
- Linux Mint 17.1 Rebecca, versione con desktop Cinnamon e codec (link)
Iniziamo col dire immediatamente che Ubuntu nasce nel 2004, Linux Mint nasce nel 2006, e che entrambe godono di rilasci semestrali. Pronti? Andiamo!
La Mission
Sia Ubuntu che Linux Mint si pongono un obiettivo piuttosto ambizioso: la semplicità. Ciò nonostante l’approccio è leggermente diverso: il motto di Ubuntu è «Linux per gli esseri umani», e ciò lascia tranquillamente intuire che il fine di Mark Shuttleworth – inventore della distribuzione nonché fondatore dell’azienda alle sue spalle, Canonical – era quello di semplificare il più possibile l’utilizzo di un allora ostico Linux per renderlo appetibile anche (ma soprattutto) ai meno esperti, pur mantenendo la natura free dei sistemi operativi Linux-based.
Il team di sviluppo di Linux Mint abbraccia ed espande l’obiettivo della distribuzione genitore: secondo Clém e i suoi, infatti, per raggiungere molti utenti il sistema, oltre che semplice, deve essere immediatamente usabile e gradevole ed appetibile all’occhio. E’ per questo che, oltre a ereditare i meccanismi facili di Ubuntu, Linux Mint ha introdotto per default il bellissimo desktop Cinnamon ed include in fase di installazione numerosi codec e software di comune utilizzo proprietari e/o non-GPL (ne parleremo in seguito).
Curiosità: la mission di Ubuntu, da due anni a questa parte, prevede anche il concetto di unificazione e l’approdo su piattaforme mobile.
L’approccio per l’utente
Come già detto, sia Ubuntu che Linux Mint mirano alla semplicità: è per questo che entrambi i sistemi operativi semplificano in maniera estremamente simile sia l’installazione che le dinamiche di utilizzo e di configurazione dei sistemi GNU/Linux-based, che in numerose altre distribuzioni risultano abbastanza ostici e dedicati a chi ha almeno un minimo di dimestichezza con il mondo dell’informatica.
Ubuntu, e di riflesso Linux Mint, includono tra l’altro nei propri repository anche driver a sorgente chiuso (ad esempio gli NVIDIA o quelli delle schede di rete Broadcom), così da permetterne l’installazione semplice praticamente a chiunque.
L’installazione
Installazione praticamente identica per i sistemi operativi: stessa sequenza di operazioni e finestre di dialogo piuttosto simili per entrambe le procedure, con l’unica (ma importante) differenza che Ubuntu chiede all’utente di dichiarare esplicitamente l’intenzione di scaricare software di terze parti (come ad esempio il codec mp3).
Il desktop
Entrambe le distribuzioni hanno fisso l’obiettivo di semplificare il più possibile l’esperienza d’uso per l’utente ma, come scoprirete a breve, ad obiettivo comune corrisponde una forma completamente diversa tra Cinnamon (il desktop predefinito di Linux Mint) ed Unity (il desktop predefinito di Ubuntu): il primo unisce elementi “classici” del desktop GNOME 2.x (come un menu principale ed un pannello personalizzabile) ad elementi più moderni (ad esempio gli hotcorner, ereditati da GNOME 3 ed attivabili su richiesta), mentre Unity ha un aspetto più futuristico che mette al centro dell’attenzione la dash, il launcher e gli hud.
Vediamo insieme i desktop più nel dettaglio!
Cinnamon (Linux Mint)
Cinnamon nasce originariamente come fork di GNOME Shell con aggiunta di alcune funzionalità di GNOME 3.x, tuttavia nel tempo finisce per acquisire caratteristiche proprie ed ottenere una identità indipendente dai suoi predecessori, con un set di funzionalità e particolarità tutte nuove che uniscono il vecchio al nuovo.


Cinnamon riprende infatti gli elementi più significativi di GNOME 2.x – come il pannello, il concetto di menu principale e gli applet – e li ricombina con grande stile ad elementi più moderni, come gli hotcorner (ovvero gli angoli utilizzabili, disabilitati di default) o le desklet – dei piccoli pannelli in overlay agganciabili al desktop (nella galleria in basso è illustrata la desklet di Accuweather per il meteo) in grado di mostrare informazioni o svolgere alcune funzionalità.
In particolare, Cinnamon è stato pensato per tenere a suo agio l’utente incentrando gran parte del suo funzionamento sul menu principale, che permette di accedere in pochi click ad applicazioni, impostazioni e quant’altro.


Degna di nota la cura dell’aspetto grafico del desktop, ricco di animazioni e trasparenze che si combinano insieme per offrire un’esperienza assolutamente gradevole all’occhio, pur senza intaccare in particolar modo sulle risorse di sistema. Notevolmente curata la trasparenza dei vari pannelli, oltre che le schermate di accesso e di blocco.
Non mancano inoltre piccole migliorie che gratificano l’utente, come ad esempio un selettore applicazioni (ALT+TAB) dotato di anteprima, un gestore file (Nemo, un fork di Nautilus modificato esteticamente e funzionalmente) oltre che un pratico ed immediato gestore per le impostazioni della scrivania
Restano in Cinnamon tre degli elementi caratteristici di Debian, abbandonati in tempi piuttosto recenti da Ubuntu (in nome, come vedrete, della semplicità) ma che nel desktop di Linux Mint non sono stati (almeno per ora) sostituiti né alterati: il gestore pacchetti Synaptic, l’installer Gdebi ed il classico gestore aggiornamenti.
Il vecchio affianca il nuovo, ed è per questo che… Linux Mint ha un proprio gestore pacchetti che, seppur apparentemente caotico, può tornare utile a quegli utenti che adorano perdersi tra le centinaia di applicazioni incluse nei repository! Il Gestore Applicazioni di Linux Mint supporta le recensioni e le valutazioni per ciascun programma.
Chi ha conosciuto Cinnamon dai primissimi stadi del suo sviluppo avrà certamente notato che il desktop ha mosso letteralmente passi da gigante, trasformandosi dall’ennesimo fork/clone pieno di funzionalità apparentemente scollegate ad un ambiente quasi completo con una propria identità: bello, semplice e funzionale, esattamente ciò che Clem Lefebvre si augurava per Linux Mint.
Unity 7 (Ubuntu)
Inizialmente Unity era un piccolo desktop in fase più che embrionale “relegato” a quel flavor – che sarebbe successivamente, per ovvi motivi, scomparso – dedicato ai piccoli monitor: la prima volta che Canonical ha mostrato il desktop Unity fu su Ubuntu Netbook Remix, ed è proprio su quel concetto di compattezza che si basa il desktop Unity che conosciamo oggi.


Pochi, pochissimi fronzoli e la possibilità di avere tutto a portata di mano semplicemente consultando la dash, il punto di partenza per utilizzare il sistema operativo: la dash è stata pensata in modo da offrire praticamente tutto all’utente, dalla ricerca su più fonti – grazie ad Internet ed ai cosiddetti smart scope – all’utilizzo delle applicazioni e delle funzionalità installate in locale sul sistema.


Altro aspetto di Unity che in molti hanno apprezzato sono gli HUD: premendo semplicemente il tasto ALT oppure toccando un punto preciso dello schermo, è possibile richiamare un head-up-display che permette, semplicemente scrivendo in linguaggio naturale, di accedere a funzionalità del sistema o specifiche dell’applicazione in primo piano. In basso potrete vedere in azione un HUD richiamato sul desktop ed un altro richiamato su Firefox:
Altro aspetto importante del desktop Unity è il launcher, una barra laterale che contiene le icone delle app avviabili in un click: il launcher è personalizzabile sia in dimensioni che in quantità di icone, e ciascuna icona può possedere una quicklist accessibile tramite click destro – che permette di effettuare rapidamente operazioni correlate all’applicazione collegata. Con un minimo di esperienza è possibile tranquillamente costruirsi le proprie quicklist personalizzate.


Nonostante l’interfaccia non sia così glassy e trasparente come quella di Cinnamon, non mancano a bordo di Unity elementi “classici” del desktop GNOME, come il pannello inferiore ed i suoi applet (che in Ubuntu si trasformano in app-indicator), un selettore applicazioni rivisto e migliorato (accessibile tramite ALT+TAB), un gestore specifico per le impostazioni della scrivania ed un eventuale selettore spazio di lavoro (gli spazi di lavoro possono essere abilitati dal gestore del comportamento della Scrivania).
Una particolarità di Ubuntu è la schermata d’accesso (nonché schermata di blocco), in grado di modificare automaticamente aspetto e sfondo in base alle impostazioni della scrivania dell’utente:


E infine, soltanto in elenco, troviamo in Unity (versione Ubuntu) un gestore pacchetti completamente nuovo, tale Ubuntu Software Center, che non solo permette di installare e disinstallare applicazioni ma di cercare rapidamente tra tutte quelle disponibili nei repository di sistema, con la possibilità di visualizzare recensioni e valutazioni di ciascun programma. Anche il gestore aggiornamenti è stato riscritto e notevolmente semplificato.
Unity è un desktop estremamente più compatto e un pelino meno “dispersivo” di Cinnamon e permette all’utente di raggiungere le applicazioni e le funzionalità desiderate in molteplici modi (HUD con testo o voce, Dash e quant’altro), ma questa scelta di distaccarsi dall’aspetto “classico” di desktop non è affatto casuale: come chi ha seguito le ultime vicissitudini di Canonical sa perfettamente, l’obiettivo dell’azienda fondata da Shuttleworth è quello di ottenere un sistema operativo convergente su più form factor, ed il desktop Unity è proprio uno dei maggiori esponenti di questa ottica.
Unity che abbiamo imparato a conoscere ha fatto da “anello mancante” tra il “vecchio” concetto di desktop e quello convergente “Unity Next” (Unity 8) che Canonical introdurrà probabilmente come opzione di fatto a partire da Ubuntu 16.04, insieme al nuovo server grafico Mir ed allo stack Ubuntu Snappy Personal.
Le applicazioni preinstallate
Questa è forse la differenza in assoluto più notevole tra le due distribuzioni: mentre Ubuntu di default non installa software non-free (sia per licenza che per prezzo), come ad esempio codec (Fluendo mp3, i plugin di Gstreamer) o software proprietario (Java, Flash e via discorrendo), Linux Mint come già detto nella mission mette al primo posto la completezza e l’eleganza del sistema, per cui non disdegna il software non-free e lo include senza problemi nel processo di installazione.
Al di là di ciò, le due distribuzioni si rassomigliano per quanto riguarda il pacchetto di software fondamentali: la suite d’ufficio preinstallata è LibreOffice, il browser predefinito è Mozilla Firefox ed il client email Mozilla Thunderbird; l’editor di testo semplice predefinito è Gedit ed il gestore file è Nautilus (nonostante la versione dedicata a Linux Mint, ribattezzata come Nemo, abbia alcune funzionalità in più rispetto al corrispettivo Ubuntu).
Molto simile inoltre la dotazione per quanto riguarda le applicazioni di sistema (analizzatore disco, creatore USB d’avvio, backup e via dicendo, piuttosto differente tuttavia la gestione di una parte degli aspetti del sistema – che in Linux Mint vengono gestiti tramite tante applicazioni separate (richiamabili comunque dal gestore di sistema), mentre in Ubuntu fanno parte di sotto-voci del minimale gestore delle impostazioni.
In basso, i due gestori a confronto:


Mint ambisce ad essere un sistema operativo che cerca di non far mancare nulla all’utente, ragion per cui possono risultare installate più applicazioni atte allo stesso scopo (ad esempio, oltre ai riproduttori audio e video predefiniti, è presente anche VLC) cosa che invece con Ubuntu non succede.
I codec
Ritornando al discorso free, i codec relativi ad alcuni formati sono spesso coperti da licenze non-GPL oppure da copyright: Ubuntu non condanna questo tipo di approccio ma, nonostante ciò, non installa di default pacchetti del genere pur consentendone l’installazione in un solo click in fase di setup, ed ospitando tali pacchetti nei cosiddetti repository nonfree.
Al contrario, sempre in nome della completezza e della semplicità d’uso, nell’immagine principale Linux Mint include questi codec, sebbene esista anche un’ISO che – a parità di desktop – non include tali codec. L’approccio di Mint è a favore dell’utente, che si ritrova un sistema operativo out-of-the-box equipaggiato con tutto ciò di cui può aver bisogno a livello multimediale.
Le prestazioni
Sulle prestazioni di un sistema operativo intaccano principalmente due fattori: l’ambiente desktop e i demoni di sistema in background. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, fatta eccezione per pochi dettagli Ubuntu e Linux Mint si rassomigliano notevolmente, cosa che ci si potrebbe tranquillamente aspettare essendo la seconda una derivata della prima.
Quello che potrebbe essere il punto di “scontro” è il desktop ed il relativo compositor: nonostante siano estremamente diversi, sia Unity (Ubuntu) che Cinnamon (desktop predefinito di Linux Mint) hanno il preciso obiettivo di rendersi appetibili all’occhio dell’utente, per cui entrambi sono dotati di effetti grafici, animazioni e compositing che, in un modo o nell’altro, influenzano le prestazioni del sistema operativo.
La differenza tra l’esecuzione dei vari demoni collegati al desktop (applet, app in background e quant’altro) è quasi trascurabile in termini di prestazioni, tuttavia a dirla lunga sono i compositor: Muffin di Cinnamon (Linux Mint) batte Compiz di Unity per cui, sotto questo aspetto, Linux Mint risulta più leggero di Ubuntu – nonostante, ed è necessario sottolinearlo, la differenza non sia eccessiva e che all’atto pratico entrambi i desktop hanno bisogno di almeno 2 GB di RAM per essere in grado di eseguire più applicazioni contemporaneamente.
In basso il monitor che analizza l’utilizzo di risorse su sistema a riposo:


Nota di merito per Linux Mint: è possibile disabilitare tutti gli effetti grafici in un sol colpo (cosa impraticabile in Ubuntu, a meno di non voler pericolosamente intervenire su CCSM e rischiare l’instabilità del sistema) risparmiando ulteriormente risorse.
Quindi, quali sono le differenze tra Ubuntu e Linux Mint?
Come abbiamo avuto modo di comprendere insieme navigando all’interno dei due sistemi operativi l’unica, vera, palese e tangibile differenza è l’ambiente desktop: da una parte Unity, semplice e minimale; dall’altra Cinnamon, bello e completo. Dal punto di vista delle prestazioni i sistemi si equivalgono, stesso discorso si può fare per il pacchetto software – che può essere comunque rimodellato facilmente grazie ai repository ed ai programmi inclusi in essi, che le distribuzioni condividono essendo l’una derivata dell’altra.
Se proprio vogliamo trovare un altro punto di distacco quello è la presenza a bordo di Linux Mint di software e codec non-GPL, che per alcuni utenti potrebbe essere una comodità mentre per altri potrebbe essere una chiara infrazione alla filosofia di Linux. Dall’altra parte, però, Ubuntu prevede una integrazione con Amazon e con svariati altri servizi – questo in nome della semplificazione della ricerca -, che però può essere disattivata immediatamente dopo l’installazione.
Quindi cosa dire? La scelta è quasi tutta estetica: due sistemi operativi moderni, completi e funzionali che aspettano soltanto di essere provati. Ai posteri l’ardua sentenza!