Le dinamiche dei maggiori social network sono chiare: è necessario monetizzare da tutto grazie ai cosiddetti “big data“, che possono essere utilizzati dai titolari del servizio stesso per stilare statistiche e offrire annunci contestualizzati, offerte particolari personalizzate e altro o essere venduti a terze parti per l’analisi statistica e scopi simili. Questo avviene comunque nel pieno rispetto dei Termini di Servizio del social in questione.
Dunque il passaggio da utente a prodotto è semplice ed ha le fattezze di un click su “accetto”, ma cosa succede se quel click non c’è mai stato?
Nel caso di Facebook, anche a chi non è iscritto al social network ma visita le sue pagine (o si imbatte nei tasti sociali) viene salvato un cookie sul computer che contribuisce all’analisi dei big data ed al monitoraggio dell’attività online, pur nel pieno rispetto della privacy e fornendo dati completamente anonimi.
Questo però va contro le moderne leggi vigenti nella Comunità Europea, che impongono ai titolari di siti web di ottenere un consenso esplicito prima di salvare cookie sulle pagine di chi li visita: questo è stato il tema dell’indagine della Commissione per la Privacy del Belgio (BPC), che ha fatto presente come Facebook monitori l’attività degli utenti non iscritti grazie ai cookie senza ottenerne il permesso.
Recentemente una corte Belga, durante il processo (ancora in corso), ha imposto a Facebook di interrompere questo tipo di monitoraggio; Facebook dal canto suo ha tutta l’intenzione di rispettare l’ordine imposto, bloccando di fatto l’accesso alle proprie pagine sociali a chi non è iscritto (o loggato) sul social network.
Quindi se un utente belga non fa parte di Facebook (o non è loggato) ma vuole visitare comunque le pagine del network, sarà costretto ad iscriversi (o ad effettuare il login) così da accettare i termini di servizio (o sottostare ad essi) dando così l’esplicito consenso al tracking di Facebook tramite cookie. La normativa dovrebbe andare in vigore durante le prossime settimane.
Si tratta insomma di un compromesso che va bene ad entrambe le parti e che, viste le norme vigenti in Europa, potrebbe rappresentare un precedente anche per tutti gli altri Paesi europei, Italia compresa. Con ciò non stiamo dicendo che una cosa simile accada presto o tardi anche in Italia ma che, in caso di reclami del Garante in tal senso, sarebbe una soluzione applicabile in maniera relativamente semplice.