Ieri vi abbiamo raccontato di come, in una lunga lettera aperta, Tim Cook spiega ai fan Apple il motivo per cui l’azienda rifiuta di eseguire un ordine della Corte Statunitense riguardo ad una collaborazione con il Federal Bureau of Investigation (FBI) e la creazione di una backdoor da usare per violare l’iPhone dell’attentatore “protagonista” della strage di San Bernardino e per eventuali indagini future.
Un rifiuto che ha fatto chiacchierare molti e che vede contrapposte diverse scuole di pensiero, rifiuto al quale – poche ore fa – ha fatto eco anche l’Amministratore Delegato di Google, Sundar Pichai, definendo la lettera di Tim Cook “importante” e sottolineando come assistere il Bureau per la violazione della privacy e l’accesso dei dati presenti sull’iPhone “potrebbe essere un pericoloso precedente”.
Pichai espone il suo pensiero con una serie di Tweet:
Creiamo prodotti che possano tenere al sicuro le informazioni e diamo all’autorità l’accesso ad esse in base a validi ordini legali. Ma ciò è completamente diverso dal chiedere alle aziende di permettere la violazione dei dispositivi e dei dati dei clienti. Costringerle a farlo potrebbe compromettere la privacy degli utenti
Afferma Pichai, concludendo di
essere predisposto ad una discussione aperta e produttiva su questa importante questione.
Insomma, un altro pezzo grosso di ciò che compone ad oggi Internet e l’intero mondo dei dispositivi connessi si è espresso a favore della tutela della privacy: che sia mossa di mercato o vera “dedizione alla causa” non possiamo dirlo in nessuno dei due casi, sta di fatto che questa resta una spinosa ed intricata questione per la quale un eventuale compromesso sembra ancora tremendamente lontano.