La Corte di Cassazione italiana ha emesso una sentenza che farà felici tutti i sostenitori dell’open source: il massimo organo giuridico italiano ha espressamente vietato la “tassa Microsoft”, una pratica commerciale che scoraggia gli utenti nel convertire i propri PC all’utilizzo di GNU / Linux o altri sistemi operativi liberi, costringendoli a pagare per una licenza di Windows.
I produttori di PC o i negozianti che vendono in Italia prodotti pre-assemblati con licenze Windows OEM non potranno più rifiutarsi di rimborsare il prezzo della licenza per gli acquirenti che non eseguono o non vogliono Windows sui loro PC, pena l’incorrere in pesanti sanzioni.
La sentenza conclude definitivamente il caso presentato nel 2005 nei confronti di un produttore di hardware da parte di Marco Pieraccioli, che all’epoca dei fatti aveva chiesto il rimborso della licenza Windows, richiesta negata perentoriamente dal produttore. La cassazione “afferma il diritto ad un rimborso per il prezzo della licenza di Microsoft Windows per il computer che essi ha comprato”.
Il motivo principale per insistere sull’uso di software libero è presto detto: il software non libero priva l’utente della libertà di scegliere cosa fare del proprio PC e del proprio software, compresa la libertà di partecipare al suo sviluppo.
La maggior parte delle distribuzioni GNU/Linux sono offerte al pubblico gratuitamente, mentre Windows è perentoriamente a pagamento.
Passare a GNU/Linux fin dal momento dell’acquisto offre l’opportunità di risparmiare qualcosa sul prezzo finale (circa 60-100 euro in base alla versione di Windows presente) – un vantaggio che molti italiani possono ora beneficiare senza rischi. La famosa “tassa Microsoft” è stata finalmente abolita, non c’è più l’obbligo di tenersi il sistema Microsoft.
La sentenza va anche oltre la semplice questione di Windows. La Corte afferma questo come un principio generale che si applica a qualsiasi dispositivo con software preinstallato OEM:
“… chi compra un computer con un determinato sistema operativo o software preinstallato dal produttore ha il diritto, se non accetta le condizioni della licenza del software presenti al primo avvio del computer, di mantenere il computer restituendo solo il software oggetto della licenza non accettata, con restituzione dell’intera somma di denaro che si riferisce specificamente ad esso (programmi o sistemi operativi non accettati).”
Secondo la Cassazione ogni pratica commerciale che impedisce all’utente di ottenere un rimborso o ne ritarda l’effetto:
“.. si scontra con le norme che tutelano la libertà di scelta del consumatore, e la libera concorrenza tra le imprese …”.
Quindi da oggi in Italia sarà decisamente più semplice chiedere il rimborso, bisogna solo aver cura di non accettare l’EULA (la licenza proprietaria) di Microsoft o di eventuali programmi closed aggiuntivi e potremo avere i nostri soldi indietro.
Di seguito il testo della Cassazione sulla causa.
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