Insta360 Air è uno di quei prodotti che tutti vorrebbero acquistare. O magari sperano di riceverne uno in regalo. Scattare foto a 360° è diventata oramai un’operazione semplice da eseguire anche con il proprio smartphone. Tuttavia bisogna ricorrere ad applicazioni specifiche e soprattutto avere una mano ben ferma, oltre a girare intorno a se stessi per completare il mosaico che come risultato finale farà ottenere una foto a 360°.
Ne abbiamo già ampiamente discusso in passato nei nostri articoli dedicati che trovate di seguito:
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Oggi, invece, vogliamo presentarvi uno strumento per smartphone che velocizzerà notevolmente il processo di cattura di foto a 360°.
Insta360 Air: che bel gadget!
Insta360 Air, questo il suo nome, è un gadget mini progettato per avere un aspetto elegante e soprattutto risultare facilmente trasportabile. Pesa solo 26,5 grammi e utilizzarlo significa avere un mondo a 360° sempre in tasca!
Insta360 Air dispone di una doppia lente fish-eye ognuna da 210 gradi e riesce a scattare panoramiche a 360° n tempo reale. Vi sono 4 modalità di visualizzazione che cambieranno il vostro modo di vedere il mondo.
Questa fotocamera mini è in grado di realizzare foto e video a risoluzione 3K (3008 * 1504) o 2K (2560 * 1280).
Caratteristiche
Ecco le caratteristiche:
Doppia lente fish-eye ognuna da 210 gradi.
Risoluzione video e foto fino a 3K.
Sistema elettronico avanzato di stabilizzazione dell’immagine.
Supporto per la diretta su YouTube o Facebook, in grado di condividere immagini e video in modo semplice con un solo clic anche su social network e applicazioni come Twitter, wechat, QQ, WhatsApp e ecc.
Ben 4 modalità di visualizzazione (Flat / Sfera / VR / Planet).
Possibilità di realizzare video VR.
L’applicazione supporta anche un editor di immagini e video per abbellire i vostri scatti o filmati.
Può essere usata anche come una webcam a 360°.
Pesa appena 26.5g, in lega di alluminio, ideale per essere trasportata in tasca.
Funziona tramite porta microUSB.
Requisiti minimi
Per quanto riguarda i requisiti minimi, Insta360 Air ha bisogno almeno di:
Android 5.1 (o versioni successive)
Supporto OTG da parte del vostro smartphone
Processori: Qualcomm: Serie 600 o 800 serie – MTK: Helio X10, X20, X25, X30 Series – Exynos: 7410, 8890 – Huawei Kirin: Kirin9xx Serie
RAM: 2 GB
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Per scaricare il software funzionante sul vostro PC, visitate i seguenti link:
https: //s3-us-west-2.amazonaws .com / tomtopdownload / auto / windows / software-Studio-Windows-Insta360 + Studio_Win_x64_V2.2.1_build201600606.exe
Prezzo e acquisto
Insta360 Air è un prodotto che suscita sicuramente interesse e curiosità se siete amanti della fotografia, dei video e amate immortalare i vostri momenti quotidiani o avere scatti mozzafiato dei vostri viaggi. Potete acquistare Insta360 Air nei colori nero, bianco, rosa o oro al prezzo di 159€ dal sito cafago, uno store cinese che spedisce prodotti anche in Italia.
RAW o JPEG, la sfida infinita. Quale formato bisogna scegliere per i propri scatti? Partiamo innanzi tutto da una definizione dei due formati (così da non mettere in difficoltà sin da subito i neofiti). Il formato RAW prende questo nome proprio perché può essere considerato l’equivalente del negativo nella pellicola, esso contiene i dati grezzi catturati dal sensore prima che questi vengano elaborati al momento dello scatto.
Il formato JPEG, invece, è un formato compresso ottenuto attraverso la manipolazione (automatica) di alcuni parametri, come contrasto, saturazione, sharpening, eccetera.
Una volta tracciate le principali differenze che suddividono i due formati possiamo ora analizzarli singolarmente per poi tracciare le conclusioni.
Formato Jpeg
Qualità dell’immagine
Come già anticipato in precedenza questo formato applica un algoritmo, una volta scattata la foto, al fine di ridurre le dimensioni del file. Questo processo applica una compressione (e dunque una perdita) con conseguente degradazione complessiva dell’immagine. Inoltre, il firmware della fotocamera elaborerà subito lo scatto modificandone i parametri di nitidezza, contrasto, luminosità, eccetera in modo tale da renderlo fruibile subito.
Sicuramente starete pensando ”Wow, ma è magnifico! Posso caricare subito le mie foto scattate sui social!” beh, non è tutto oro quello che luccica. Il grosso risvolto negativo sta nel fatto che per ogni modifica effettuata ad un suddetto file l’immagine subisce una degradazione progressiva proporzionale al numero di modifiche effettuate, qui di seguito un esempio pratico .
Profondità dei colori
Il formato jpeg è in grado di gestire 8 bit per canale, questi ultimi se moltiplicati per i tre canali raggiungono una profondità complessiva pari a 24 bit capaci di rappresentare 16,8 milioni di colori. Questo standard in sostanza è in piena regola per la compatibilità con i monitor e stampanti che riescono a visualizzare e/o stampare tutta ”l’informazione” senza alcuna perdita di dettagli.
Formato Raw
Qualità dell’immagine
Un file Raw dal punto di vista della qualità (intesa come quantità di informazione contenuta nell’immagine) non ha paragoni. Come già anticipato prima questo formato è più grezzo, una volta aperta un’immagine acquisita con questo formato si può subito notare quanto questa sia più spenta rispetto ad uno scatto salvato, a parità di parametri, in jpeg.
Il numero di informazioni raccolte nettamente superiore però permette tramite un attento lavoro di post-produzione (ad esempio tramite l’utilizzo di Adobe lightroom) di valorizzare lo scatto modificando i vari parametri senza avere alcun tipo di degradazione come avviene per i file jpeg.
Qui di seguito un esempio di come possa migliorare una foto scattata in Raw subito dopo le dovute modifiche effettuate in post-produzione con Camera Raw.
Profondità dei colori
Anche in questo caso abbiamo delle differenze sostanziali rispetto al formato Jpeg. Le immagini Raw possono avere profondità di colori differenti in base al tipo di fotocamera utilizzata e generalmente oscillano tra i 12 e i 14 bit per canale.
Questi ultimi se moltiplicati per i tre canali disponibili danno come risultato un valore che si attesta intorno ai 4.400 miliardi di colori riproducibili. Il valore appena menzionato ovviamente è troppo alto per essere visualizzato su uno schermo del PC (o smartphone che sia) ma nonostante ciò in alcuni casi è possibile recuperare questa quantità di informazione ”persa”. Per fare un esempio pratico possiamo considerare una foto scattata in controluce.
Uno scatto del genere memorizzato in Jpeg risulterebbe avere una bruciatura delle alte luci presentando quindi delle aree bianche ed ombre molto profonde con conseguente impossibilità di recuperare lo stesso per via della quantità di informazione ormai persa. Se lo stesso scatto invece andassimo a farlo in Raw saremmo capaci di recuperare la foto in post-produzione agendo su dei parametri specifici.
Vantaggi e Svantaggi dei due formati
Come già affermato poco sopra il formato Raw presenta una marcia in più per quanto riguarda l’acquisizione superiore dei dati con conseguente aumento della qualità. Ma ovviamente porta con sé anche degli svantaggi, come:
Pesantezza del file – I file non essendo compressi risultano essere molto più pesanti di un file Jpeg.
Conversione del formato Raw – La conversione di questo formato richiede l’utilizzo di software specifici ed in alcuni casi un po’ di esperienza. Insomma, non è una cosa immediata come con le foto acquisite in Jpeg e richiede del lavoro.
Il formato Jpeg, invece, è perfetto per chi vuole avere i propri scatti subito pronti all’uso. È comodo, i file occupano poco spazio anche se a discapito della quantità di informazioni raccolte.
Conclusioni
Per concludere, quale formato scegliere? Se siete dei principianti, dei frettolosi o vi secca approfondire la conoscenza di programmi (a volte non semplicissimi) allora il nostro consiglio è quello di utilizzare il formato Jpeg senza pensarci su due volte.
Se invece siete disposti ad approfondire la cosa e volete avere il massimo dai vostri scatti fotografici allora non vi resta altro che addentrarvi nel mondo Raw.
Kodi 17 è oramai la versione ufficiale del noto media player open source che spesso trovate pre-installato anche su alcuni TV Box Android. E se invece il dispositivo che avete acquistato non dispone di questo programma già installato sul sistema? In questo articolo vi mostreremo come installare Kodi 17 su TV Box.
Spesso se acquistate dispositivi TV Box, magari uno di quelli consigliati da Chimera Revo, vi ritroverete installata la precedente versione stabile di Kodi la 16.1. Volete la nuova versione ? E la nuova interfaccia Estuary ? E’ davvero semplice.
Se il vostro Tv Box è basato su processore Amlogic dovreste provare anche l’ottimo SPMC, una versione di Kodi appositamente ottimizzata:
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Possiamo aggiornare la versione di Kodi 17 sul TV Box Android seguendo uno dei due metodi consigliati.
Kodi 17 su TV Box
Kodi 17 su TV Box via Google Play Store
Ora che è ufficiale tutti i nostri dispositivi Android dove è presente Kodi 16.1 hanno ricevuto o riceveranno una notifica per l’aggiornamento tramite Google Play Store.
Se non vi spunta la notifica col vostro TV Box basterà quindi accedere al Google Play Store andare nella pagina di Kodi eselezionare la voce Aggiorna.
Con questo metodo la versione ufficiale dell’app verrà aggiornata.
Il nuovo Kodi 17 è compatibile con le versioni di Android a partire dalla 5.0 Lollipop, sulle versioni precedenti non si aggiornerà via Play Store.
Se non avete ricevuto nessuna notifica nonostante la vostra versione di Android sia compatibile, è possibile che la versione di Kodi presente sul vostro TV Box non sia quella ufficiale ma una versione personalizzata dal produttore. In questo caso è probabile che tale versione non sia riconosciuta dal Play Store e blocchi l’installazione della versione ufficiale generando un fastidioso errore (conflitto di firma): per procedere vi toccherà disinstallare la versione di Kodi modificata e installare quella ufficiale.
Attenzione: la versione di Kodi personalizzata dal vostro produttore potrebbe avere opzioni uniche che sarà molto difficile replicare sulla versione ufficiale, una di queste spesso è la possibilità di spegnere il TV Box tramite menù di Kodi. Per essere sicuri si consiglia fortemente di fare un backup della vecchia app prima di rimuoverla.
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Kodi 17 su TV Box via APK
Se il vostro dispositivo non risulta compatibile con il nuovo Kodi via Play Store non c’è bisogno di rinunciare: si può installare facilmente Kodi 17 su TV Box tramite APK.
Disinstalliamo il vecchio Kodi dal menu Impostazioni->App->Kodi.
Attenzione: vale sempre la nota sopra, si consiglia il backup.
Ora scarichiamo il nuovo Kodi 17 per Android facilmente da Apk Mirror. L’apk di Kodi 17 è disponibile in tre versioni compatibili con alcune famiglie di processori (arm, x86, e arm64), scegliete in base al vostro processore e scaricate:
Se siete degli sportivi e sapete cosa volete per una fascia da braccio per smartphone, allora soffermatevi un secondo per leggere questa recensione. Chi invece sta valutando di acquistare la sua prima fascia da braccio, deve tenere a mente alcuni punti fondamentali di cui un oggetto di questo tipo non può peccare. Scopriamo se è adatta per voi!
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Confezione
La confezione di vendita è molto semplice e minimale. Come potete vedere, la fascia da braccio è chiusa all’interno di una busta di plastica trasparente e sulla parte superiore trovate alcune informazioni, ma nulla di essenziale.
Aperta la confezione ed estratta la fascia, troverete al suo interno un cartoncino raffigurante un iPhone 6, a dire che la fascia è compatibile con tutti i modelli di iPhone fino al 6S. Ma passiamo al design.
Design & Confort
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Questa fascia da braccio è realizzata in parte con un materiale chiamato Lycra. Si tratta di un tessuto impermeabile molto elastico e resistente che, unito alle imbottiture rinforzate e alle dimensioni ridotte, rendono la fascia comoda e versatile per ogni tipo di braccio.
Possiede inoltre 4 fori per il jack delle cuffie, a seconda di dove è posizionato il vostro. Infine sulla parte posteriore ha anche una piccola tasca per una card (ad esempio la tessera sanitaria) e un alloggiamento per le cuffie mentre sono piegate.
Le dimensioni ridotte però, limitano fortemente il suo utilizzo.La fascia da braccio è stata disegnata per contenere al massimo un iPhone 6S – con uno schermo di 4,7″ – quindi non potrete andare oltre quella misura.
Ho testato la fascia con un iPhone 6S e con uno Xiaomi Mi5 (con schermo da 5,15″): l’iPhone entra perfettamente nella fascia (senza cover), ma come potete vedere dalle foto, lo Xiaomi è stato forzato e non c’è stato verso di inserire il jack per le cuffie! Per tanto non mi sento di consigliarvi questa fascia se avete uno smartphone più grande di 5″.
Conclusioni & Prezzo
Questa fascia da braccio è adatta per voi se state cercando un gadget comodo e leggero. D’altro canto dovrete rinunciare allo spazio per i vostri oggetti: potrete portare con voi al massimo una tessera, un paio di chiavi e le cuffiette.
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Tuttavia il prezzo è nella media della concorrenza. Altri brand offrono magari più spazio, soprattutto se avete uno smartphone dallo schermo più grande, ma al prezzo di circa 9 euro potete decisamente farci un pensierino.
Spigen vende questa fascia da braccio per smartphone su Amazon con possibilità di trattamento Prime per non pagare le spese di spedizione e per ricevere l’oggetto in un solo giorno lavorativo. Se non sapete di cosa sto parlando, date un’occhiata a questa guida su Amazon Prime:
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Siamo alla continua ricerca di fonti per ricaricare i nostri dispositivi tecnologici. Sembra però che non ci bastino mai ad arrivare alla fine della giornata salvaguardando la batteria. La Power Bank è lo strumento più utilizzato per ovviare a questo problema. Bisogna saper scegliere però quella più adatta alle nostre esigenze, dando un occhio alle funzionalità e, perché no, all’estetica.
Oggi vi parliamo dell’ultimo gioiello della casa produttrice MGCOOL, l’azienda cinese famosa per smartphone e accessori tech che collabora anche con Elephone (altro noto brand cinese).
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MGCOOL si prefigge di lanciare una linea di prodotti tech dall’ottima fattura e dal prezzo contenuto, quali action cam, Power Bank, cuffie e prodotti wear tech.
Oggi vi parliamo di ELEPOWER Thunder, la Power Bank tutta sostanza e design.
Confezione
All’interno della confezione troviamo:
Power Bank ELEPOWER Thunder
Cavo micro USB
Manuale delle istruzioni
Design e Materiali
La ELEPOWER Thunder è una delle Power Bank più belle tra quelle recensite. Si presente in due colorazioni: nera con particolare rosso e nera con particolare dorato.
E’ costruita per la maggiore parte in gomma ben lavorata che assicura un buona impugnatura e per il resto in metallo. Dicevamo che in un prodotto tech l’occhio vuole la sua parte, ecco perché ELEPOWER Thunder non vi deluderà. La gomma presenta una texture su tutta la superficie, avvolge la parte metallica a mo di cover, lasciando intravedere un piccolo particolare in cui sono presenti le porte USB.
Caratteristiche e Funzionalità
Partiamo subito con le caratteristiche tecniche: ha la capacità di 16000 mAh e supporta gli standard USB, USB C (è possibile ricaricare i MacBook) e micro USB. La qualità della Power Bank è garantita dalla tecnologia QuickCharge 3.0 di Qualcomm e dalle batterie LG che garantiscono più sicurezza e una buona affidabilità della batteria dopo numerosi cicli di ricarica.
La Power Bank non è proprio leggerissima, pesa all’incirca 300 gr, le dimensioni però sono quelle giuste per portarla comodamente ovunque (sarebbe forzato portarla in una tasca).
Le dimensioni sono 15.3cm x 6.5cm x 2.3cm. La batteria ricarica la maggior parte dei dispositivi 2.0 e 3.0 in 35 minuti e si auto-ricarica in circa 4 ore. Le specifiche Input, Output sono le seguenti:
Input: 5V/2.4A,QC3.0-18W (Max)
Output: 5V-6V/3A,6V-9V/2A,9V-12V/1.5A
L’unico tasto fisico è quello di accensione/spegnimento. Per verificare il livello di carica della Power Bank dovrete vedere i 5 LED posti sulla parte frontale. Per accenderla sarà necessario premere una volta il tasto Power dopo aver connesso il dispositivo, nel caso non lo riconoscesse, la Power Bank si spegnerà automaticamente dopo 5 secondi.
Conclusioni e Prezzo
La Power Bank ELEPOWER Thunder è il giusto compromesso tra design e funzionalità. Con una batteria da 16000 mAh e con la funzionalità QuickCharge 3.0 potrete ricaricare più di un dispositivo e molto più velocemente. Se non sapete scegliere la Power Bank più adatta a voi, tra le miriadi presenti sul mercato, sicuramente l’eleganza, la finitura dei materiali e le caratteristiche tecniche saranno alcuni dei motivi che vi convinceranno a farci un pensierino.
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Potete vedere il prodotto sul sito di MGCOOL, di seguito il link d’acquisto:
Tutti i neofiti, una volta gettatisi nell’affascinante mondo della fotografia, si trovano a far fronte a diverse tecnologie, tipologie di sensori e quant’altro. L’argomento trattato da noi oggi può essere di aiuto per colmare alcuni di questi dubbi ed aiutarvi nella scelta della fotocamera adatta a voi!
Vediamo di cosa si tratta.
Possiamo suddividere le fotocamere in 3 macro aree:
sensore micro 4/3
APS-C
Full frame
Queste tre categorie sono apparentemente molto simili tra loro ma sostanzialmente abbastanza diverse, e basta una semplice ricerca per capire che i sensori Full frame sono appunto quelli a pieno formato mentre gli altri presentano un formato ridotto. Ma in sostanza, direte voi, che cosa mi cambia? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’uno e dell’altro?
E soprattutto perché le fotocamere full frame costano fior di quattrini? Nessun problema… ve lo spieghiamo noi!
Analizziamo punto per punto le varie caratteristiche.
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Dimensione del sensore
Il sensore Full frame ha le stesse dimensioni del fotogramma in una pellicola a 35mm, ovvero 24×36 mm. Le scelte che in passato portarono alla creazione di sensori con dimensioni ridotte furono legate soprattutto al costo. Nacque così il sensore APS-C con dimensioni pari a 14,8×22,2 mm.
Non molto tempo fa è stato infine introdotto il sensore micro 4/3, con le sue dimensioni ancora più ridotte pari a 13 x 17.3 mm. Come potete immaginare quest’ultimo permette di dar vita a fotocamere più compatte, adatte soprattutto a chi non ha voglia di trasportare ingenti pesi legati all’attrezzatura.
Qualità dell’immagine
I sensori full frame garantiscono una migliore qualità dell’immagine perché la dimensione di ogni singolo pixel risulta essere più grande rispetto a quello degli altri formati. Il rumore viene gestito meglio, in quanto, essendo maggiore la superficie di ogni pixel lo sarà di conseguenza anche la quantità di luce catturata. C’è da dire però che anche sugli altri sensori sono stati fatti dei passi la gigante, apportando migliorie anche gli aspetti sopra citati.
In sostanza, il full frame offre maggiori garanzie ma ciò non sta ad indicare una carenza dei suoi ”avversari”. In questo campo non esistono regole che vadano bene per tutto, tutto è relativo all’utilizzo e alle condizioni di scatto.
Ottiche
L’immagine ottenuta con sensori differenti sarà diversa, in quanto sul sensore più piccolo (e dunque su APS-C e micro 4/3) si perderà una certa porzione di foto rispetto ad una foto scattata con sensore full frame, qui di seguito un esempio.
Da un altro punto di vista, però, il sensore più piccolo ma con una maggiore densità di pixel consente di ottenere un’immagine più dettagliata di quel determinato frammento di immagine ingrandito, o meglio, ravvicinato rispetto ad un full frame.
Questi due effetti hanno a che fare con l’angolo di campo, ossia la porzione catturata effettivamente dal sensore.
I sensori più piccoli hanno sempre un fattore di moltiplicazione chiamato crop factor. Quest’ultimo sui sensori APS-C Canon è di 1.6x, sui Nikon-Sony-Pentax 1,5x e infine sui micro 4/3 è 2x.
Questo taglio è dovuto proprio al fatto che nei sensori più piccoli l’angolo di campo catturabile è appunto 1.6x, 1.5x, 2x più piccolo rispetto a quello che si ottiene su un full frame. Quindi, un 50mm montato, ad esempio, rispettivamente sui tre sensori non avrà lo stesso angolo di campo.
Fattore di moltiplicazione
Facciamo ora qualche esempio pratico per assimilare al meglio questa differenza relativa al crop factor, così da avere un’idea sulla resa di alcune lunghezze focali:
FULL FRAME
APS-C
MICRO 4/3
24 mm
36 mm (24 x 1,5)
38 mm (24 x 1,6)
48 mm (24 x 2)
35 mm
52 mm (35 x 1,5)
56 mm (35 x 1,6)
70 mm (35×2)
100 mm
150 mm (100 x 1,5)
160 mm (100 x 1,6)
100 mm (50 x 2)
200 mm
300 mm (200 x 1,5)
320 mm (200 x 1,6)
200 mm (100 x 2)
Questo è un vantaggio enorme per chi vuole fotografare oggetti, animali o qualsiasi altra cosa a cui, per un motivo o per l’altro, non è possibile avvicinarsi più di tanto. Ragion per cui con obiettivi dotati di lunghezze focali più corte è possibile avere un buon risultato a favore dei prezzi e dell’ingombro.
Chi invece vuole fare scatti con focali corte potrà risultare penalizzato, ma non è così. Esistono in commercio degli obiettivi grandangolari creati ad-hoc per i sensori APS-C, che hanno una serie di caratteristiche ottiche capaci di diminuire notevolmente la lunghezza focale così da ottenere un angolo di campo elevato.
Altre differenze
I sensori Full frame, come già evidenziato in precedenza, solitamente hanno una concentrazione di pixel inferiore rispetto agli APS-C ed ai micro 4/3, e dunque sono avvantaggiati nella gestione del rumore in fotografie scattate ad alta sensibilità.
Questo accade perché una minore densità di componenti elettroniche consente di ridurre le interferenze che queste percepiscono pertanto è possibile scattare ad alti ISO con disturbi inferiori.
Da un altro punto di vista, però, c’è da dire che le ottiche hanno una qualità migliore verso il centro che tende a degradare più o meno velocemente verso i bordi.
Questo può essere il punto di forza dei sensori APS-C (o ancor di più micro 4/3) , che catturano la parte centrale dell’immagine e di conseguenza ne usano la parte migliore.
Conclusioni
I sensori APS-C e micro 4/3 sono a tutti gli effetti i fratelli minori dei full frame ma nonostante ciò non devono essere affatto sottovalutati. Gli svantaggi più evidenti sono appunto il ridotto angolo di campo e il maggiore rumore ad alti ISO. Ma questi possono essere sormontati dai vantaggi, soprattutto in termini di ingombro e di costo più contenuto.
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Ma come si è potuto benissimo capire durante la lettura di questo articolo i sensori a dimensioni ridotte non sono affatto lasciati a se stessi… anzi! Questo settore è costantemente in via di sviluppo.
Come già detto, sono state lanciate sul mercato delle ottiche dedicate che consentono di raggiungere angoli di campo elevati ed infine, per quanto riguarda la riduzione del rumore ci troviamo di fronte ad un continuo cantiere aperto.
Quanti di voi hanno acquistato un bracciale della famiglia Xiaomi Mi Band e se ne sono innamorati? In tanti credo, perché la smartband di Xiaomi è proprio un dispositivo dal rapporto qualità/prezzo eccezionale, per questo è così famosa e tanto venduta. Naturalmente parliamo di un bracciale fitness amatoriale ma che può tornare molto utile per tenere sotto controllo il proprio stile di vita.
Inutile dilungarci troppo con le caratteristiche delle Xiaomi Mi Band: se siete qui è perché ne avete già una e siete di fronte ad un problema che vi sta facendo innervosire non poco.
Nella sezione amici dell’applicazione Mi Fit, è possibile inviare il QR Code del proprio account Mi Fit per poter rimanere in contatto con altre persone. Purtroppo, però, a volte capita che è impossibile aggiungere nuovi amici con Mi Fit e non vi è modo di risolvere.
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C’è una soluzione? Sì, c’è: ma è drastica.
La soluzione
Ho sperimentato personalmente questa procedura dopo aver provato di tutto e di più. Se aggiungete un amico su Mi Fit ma questo scompare dalla vostra lista delle amicizie dopo aver aggiornato, oppure vi risulta impossibile controllare i suoi dati e progressi o ancora non riuscite a inviargli un trillo, allora l’unico modo che avete per risolvere è… cambiare account Xiaomi.
In pratica dovete dissociare la Xiaomi Mi Band dal vostro account Mi e crearne uno nuovo. Ecco cosa dovete fare:
Entrate in Mi Fit e dissociate la Xiaomi Mi Band andando su Profilo > I miei dispositivi ed entrando nelle opzioni del vostro braccialetto.
Premete il pulsante dissocia. Dovete necessariamente dissociare la Mi Band perché una Xiaomi Mi Band può essere collegata solamente ad un account Mi. Quindi se ne create uno nuovo e non avete dissociato il bracciale dal precedente account, non potrete sincronizzarlo con il nuovo.
Adesso andate su Profilo > Impostazioni > Esci per uscire dal vostro account.
Avviate nuovamente Mi Fit ma questa volta invece di effettuare il login creato un nuovo account.
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Alla fine della procedura di creazione account, associate la vostra Xiaomi Mi Band al nuovo account e tutto dovrebbe funzionare correttamente.
La memoria RAM è una delle componenti fondamentali del computer: è tramite essa che i dati viaggiano dai dischi al processore per essere elaborati, ed un malfunzionamento di essa potrebbe portare a conseguenze non prevedibili o, addirittura, al non-funzionamento della macchina.
Rendersi conto di un potenziale problema alla memoria RAM è abbastanza semplice, gli scenari più comuni sono vari ma tutti accomunati da un fattore ben preciso: un comportamento strano, improvviso ed imprevisto senza che voi siate intervenuti sulla configurazione software.
Ad esempio, sintomo di RAM non funzionante correttamente potrebbe essere la comparsa di schermate blu in Windows dopo un certo periodo di utilizzo del sistema, magari anche se questo è a riposo, oppure dei blocchi improvvisi del computer senza che voi lo abbiate spinto al sovraccarico.
O ancora, un evidente problema della RAM può essere riscontrato nel caso di computer non più avviabili da un momento all’altro: ad esempio, tentate di accendere il vostro PC, vedete tutti i led prendere luce ma notate che la scheda madre “non emette beep”, il monitor resta spento, il BIOS o l’EFI non danno segni di vita e di conseguenza la macchina si rifiuta di partire.
In tutti i casi esistono dei metodi ben precisi per capire se il problema è effettivamente la memoria RAM o no: con l’aiuto di un tool di diagnostica e di un minimo di manualità, in questa guida cercherò di spiegare in che modo verificare la salute della RAM, così da restringere potenzialmente il campo del problema.
Il primo metodo consiste nell’esecuzione di un tool di diagnostica – che vi aiuterà a capire materialmente se il problema alla RAM è presente o meno, mentre nel secondo vi sarà chiesto di smontare il computer e procedere per tentativi. Ovviamente, se non siete in grado di avviare il computer (rientrando quindi nel caso “scheda madre che non effettua beep e nessun segnale video)… dovrete saltare direttamente al metodo numero due.
MemTest86
MemTest86 è uno dei più usati tool di diagnostica per controllare lo stato di salute della propria memoria RAM. Esso consiste in una serie di test di lettura e scrittura (per l’esattezza sono 10) sulle singole locazioni di memoria che compongono la RAM, eseguibili in maniera sequenziale e ripetuta (default) oppure singola.
MemTest86 è disponibile in formato ISO, masterizzabile su un CD (tramite il vostro software di masterizzazione preferito) oppure utilizzabile tramite chiavetta USB (a tal proposito potrete avvalervi di tool quali UnetBootin, LiLi USB Creator, dd o qualsiasi altro preferiate). Funziona senza problemi sia su sistemi BIOS che su sistemi EFI.
DOWNLOAD | MemTest86(*) bisognerà scorrere quasi in fondo alla pagina per reperire i link per il download. Il consiglio è di scaricare la versione più recente.
Semplicemente, preparate il vostro CD o la vostra chiavetta ed avviate il PC tramite uno dei due supporti.
NB: coloro che hanno già installata una distribuzione Linux potranno accedere a MemTest86 senza doversi avvalere del supporto esterno, selezionando “Esegui test sulla memoria”, “Check memory for defects” o qualsiasi altra voce simile dal menu del bootloader.
Dopo un breve menu di boot (dovrete semplicemente premere invio, le impostazioni predefinite andranno benissimo) vedrete comparire una schermata del genere:
Partiranno automaticamente i dieci test, che saranno eseguiti di continuo fino alla pressione del tasto ESC. Ovviamente i test sulla RAM si avvalgono del contributo della (o delle) CPU, per impostazione predefinita:
i test saranno eseguiti uno per volta, in ordine numerico, ininterrottamente fino ad interazione dell’utente;
i test eseguiti usando una CPU saranno ri-eseguiti anche sulla CPU successiva;
Ogni test è corredato da un piccolo resoconto che ne fa da descrizione (ad esempio “Moving Inversions, 8 bit pattern”). E’ consigliabile lasciar girare MemTest86 per lunghi periodi, in quanto i malfunzionamenti potrebbero mostrarsi anche soltanto dopo un certo riscaldamento delle componenti (che siano RAM, processore o l’intera piastra madre). L’ideale sarebbe lasciar eseguire l’utility per l’intera notte.
Gli eventuali (ed insperati) errori verranno visualizzati in color rosso fuoco nella parte bassa dell’utility, oltretutto potrete tener traccia di numero iterazioni, test eseguiti con successo e numero di errori riscontrati tramite gli appositi contatori Iterations, Pass ed Errors:
E’ possibile (ma non consigliato, a meno che non sappiate esattamente cosa state facendo, pena falsi negativi o falsi positivi) modificare il comportamento predefinito di MemTest86 digitando il tasto “C”. Avrete la possibilità di:
eseguire i dieci test soltanto una volta;
eseguire un test per volta attendendo conferma dell’utente;
eseguire soltanto un test;
modificare l’algoritmo di scelta CPU (parallelo, sequenziale o round-robin);
modificare la modalità di visualizzazione degli errori;
e molto altro.
Potrete interrompere l’esecuzione di MemTest86 in qualsiasi momento premendo il tasto “ESC”, o ripetere ciascun test tramite le impostazioni personalizzate illustrate poc’anzi.
La domanda da un milione di dollari: cosa fare se MemTest86 segnala qualche errore? Bisogna andare subito in allarme e gridare all’usura della RAM? Come si fa a capire quale slot o quale banco sia eventualmente difettoso?
Purtroppo la soluzione software a questo punto non basta e, se proprio non avete voglia (e so che non la avete) di correre al primo centro assistenza e richiedere la sostituzione di tutti i banchi di RAM, bisogna ricorrere al secondo metodo – quello più invasivo ma che, in combinata con MemTest, può farvi comprendere meglio come, quando e perché: l’intervento fisico.
Smontare il computer
Premettiamo che non ci riterremo responsabili riguardo eventuali danni procurati al vostro hardware dalla lettura di questo articolo, e vi raccomandiamo di procedere esclusivamente se siete abbastanza pratici dell’argomento o sotto la diretta supervisione di un esperto, meglio ancora se fisicamente presente e pronto ad intervenire in caso di problemi.
La prima cosa da fare, in assoluto, è quella di localizzare la posizione della RAM sulla vostra scheda madre (il tutto va fatto ovviamente a computer spento, scollegato dall’elettricità; eventualmente armatevi di guanti di lattice ed indossateli, non si può mai sapere): se disponete di un computer fisso, svitate (o mollate gli incastri) il pannello opposto a quello su cui è posizionata la scheda madre e ficcate il naso in questo nuovo universo.
Riconoscerete i banchi di RAM dalla loro forma e dal loro colore – in genere sono dei rettangoli allungati verdi, assicurati al loro slot da dei sostegni in plastica, come da immagine:
Se invece possedete un notebook, il banco (o i banchi) di RAM saranno senza dubbio “nascosti” dietro uno dei piccoli pannelli da svitare posti sul bordo inferiore (fate riferimento al manuale di istruzioni per trovarli). In genere, si presentano come da immagine:
I modi di intervenire a questo punto possono essere differenti ma, per esperienza, azzarderei di seguire l’ordine seguente.
1 – Pulire le RAM e gli slot
Armatevi di una bomboletta di aria compressa e rimuovete i banchi di RAM dai loro alloggiamenti allentando delicatamente i ganci (se si tratta di desktop) e sfilandoli verso l’alto, oppure sfilando il banco RAM verso l’esterno, con molta delicatezza (se si tratta di un notebook). Soffiate con la bomboletta sui connettori della RAM, riponete quest’ultima provvisoriamente in un posto lontano da polvere e ripetete la “soffiata” anche sugli appositi slot della scheda madre.
Attendete qualche secondo dopodiché rimontate la RAM, richiudete tutto e accendete il computer. Se continuate a notare freeze improvvisi o schermate blu ripetete il MemTest e, in caso di errori, passate allo step successivo.
2 – Capire quale è il banco RAM che dà problemi
Smontate il computer e rimuovete tutta la RAM eccetto un solo banco, dopodiché eseguite MemTest86. Se dovessero verificarsi errori, mettete da parte il banco di RAM (potenzialmente difettoso), smontatelo e rimontatene un altro. Se invece non si verificano errori, spegnete il computer e – senza smontare il primo – rimontate anche il banco RAM successivo, e così via fino alla comparsa dell’errore (mettete da parte il banco di RAM incriminato).
Fatto ciò, passate allo step successivo.
3 – Capire se il problema è il banco RAM o lo slot sulla scheda madre
Per eseguire questo test dovrete smontare tutti i banchi RAM dal computer e rimontare soltanto il banco “difettoso” del punto precedente nel primo slot disponibile. Fatto ciò, avviate MemTest e verificate la presenza di errori. Prendete nota della comparsa o meno di problemi e, a test ultimati, prendete il banco RAM e spostatelo in un altro slot, ripetendo MemTest.
A questo punto la conclusione è semplice: se allo slot successivo l’errore non dovesse ricomparire, è probabile che ad essere danneggiato sia l’alloggiamento sulla scheda madre (potrete evitare di usarlo in caso ne abbiate di superflui, altrimenti – ahimè – vi toccherà sostituirla). Se invece l’errore dovesse farsi vivo anche allo slot successivo… beh, al 90% delle ipotesi è il banco RAM ad essere difettoso, pertanto dovrà essere sostituito.
Ovviamente avere la certezza matematica che il problema sia l’uno o l’altro è abbastanza complesso e per la maggiore richiede una grande esperienza, tuttavia limitare il potenziale problema ad una cerchia ristretta di possibilità potrebbe aiutarvi a decidere sul da farsi, perdendo il minor tempo possibile.
Quando si utilizza un computer, soprattutto se si tratta di un vecchio modello, potreste andare incontro ad un problema molto strano che ne impedisce l’avvio. Lo schermo potrebbe rimanere nero come la pece, e il PC non si avvia, ma potreste udire una serie di rumori e bip (beep) all’accensione del computer.
Essi sono noti come “codici bip” e sono un modo per il computer di farvi sapere che qualcosa è andato storto. Se vi trovate di fronte ad un computer che non fa altro che emettere dei beep senza avviarsi, probabilmente significa che è necessario intervenire (anche a livello hardware) per tornare a farlo funzionare.
Ma come si fa a decifrare questa apparentemente casualità di segnali acustici e bip?
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Perché succede?
Per capire il motivo per cui il computer emette un segnale acustico, dobbiamo prima capire che cosa un computer fa quando si avvia. Appena prima di avviare tutto, il computer esegue il cosiddetto “Power-On Self Test” (POST). L’obiettivo di questo test è quello di assicurarsi che l’hardware del computer sia privo di errori in modo tale che possa avviarsi senza problemi.
Insomma, il computer controlla che ogni componente sia ben collegata e funzioni correttamente. Di solito questo processo passa così in silenzio e velocemente che neanche ve ne accorgete: è un attimo prima che viene avviato il vostro PC.
Se il POST rileva qualcosa di anomalo, cercherà di avvertire l’utente che qualcosa non va. Se si tratta di un piccolo errore, potrebbe emettere dei bip e mostrare un messaggio di avviso sullo schermo che informa l’utente di cosa non va. Tuttavia, a causa della natura hardware e quanto sia vitale ogni componente, spesso è impossibile ottenere un messaggio sullo schermo.
Se qualcosa non va con la scheda video o RAM, per esempio, il computer può non mostrare un errore attraverso il monitor. Ecco a cosa servono quindi i suoni bip della scheda madre: essi ci avvertono che qualcosa è andato storto.
Cosa fare?
Quindi un computer non è riuscito a superare il test POST e sta ora emettendo segnali acustici. Che cosa fare in questa situazione? Se il POST è in grado di visualizzare un messaggio su schermo, allora siete fortunati!
Potete semplicemente leggere ciò che il messaggio di errore ha da dire e fare una ricerca in Google se non riuscite a capire a quale periferica fa riferimento. Ma supponiamo che vi trovate nella peggiore delle ipotesi: il computer non mostra nulla sullo schermo. Come si fa a tradurre i segnali acustici in qualcosa che si può effettivamente interpretare?
Interpretare i bip
La parte difficile è decifrare il significato dietro i segnali acustici in modo da poter diagnosticare e risolvere il problema. Prima di effettuare una ricerca in rete per capire cosa significano i segnali acustici, dovete procurarvi il manuale della scheda madre montata nel PC .
Diversi produttori implementato diversi codici acustici nel loro sistema, quindi è meglio controllare il manuale di chi ha progettato la scheda madre prima di cercare una soluzione. Spesso, infatti, il numero e la dura dei bip corrispondono a diversi problemi: non tutti i bip sono uguali, alcuni sono brevi e altri lunghi. Qualcuno viene emesso una volta, altri due volte e così via.
Una volta procuratovi il manuale della scheda madre (potete anche trovarlo sul sito web del produttore se l’avete perso) dovete semplice ascoltare il bip, capire se si tratta di bip brevi o lunghi e ricordarvi quanti bip vengono riprodotti all’avvio.
Basterà consultare sul manuale della scheda madre per capire cosa provoca il corretto malfunzionamento.
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Conclusioni
Essendo uno dei modi più criptici dell’informatica, l’interpretazione dei bip è sempre dipeso da un problema hardware. A volte può essere una componente danneggiata da cambiare, a volte un cattivo assemblaggio del computer, oppure un cavo che non avete ben collegato.
Tuttavia, ora sapete perché accadono e anche come interpretarli: quindi sapete anche come intervenire e come risolvere!
Contrariamente a quanto possiate pensare, una custodia impermeabile non è utile solo per mandare un messaggio sott’acqua mentre si è al mare o in piscina. Questo genere di custodie – cosiddette “waterproof” perché resistenti all’acqua – sono indispensabili per chi fa sport o viaggia perché c’è bisogno di tenere lo smartphone al sicuro da cadute e da intemperie.
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Confezione
La custodia impermeabile di Spigen vi arriverà in una busta sigillata ermeticamente e trasparente nella parte anteriore da dove si può già vedere la custodia. Sulla parte posteriore invece, c’è qualche informazione tecnica e la guida al corretto utilizzo della stessa.
Aperta la confezione troviamo al suo interno la custodia waterproof e, in una busticina a parte, un laccio per il collo marcato Spigen di colore nero. Due le colorazioni disponibili: bianco (completamente trasparente) o con il bordo nero.
Design & Funzionalità
Questa custodia impermeabile è realizzata in plastica trasparente e ovviamente mantiene le funzionalità touch del proprio smartphone. Tuttavia è stato certificato IPX8 e quindi protetto da immersione permanente fino a 3 m di profondità.
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Per un utilizzo ottimale Spigen ha consigliato smartphone con display fino a 6″ anche se, di fatto, credo che anche con un phablet da 6,5″ non ci sarebbe alcun tipo di problema.
La chiusura ermetica invece, è assicurata da due morsetti posti nella parte alta della custodia. Anche dopo parecchie prove ed utilizzi sembra che la rigidità di questi sia ancora intatta e la plastica utilizzata – sia per la chiusura ermetica che per la custodia – è spessa e di buona qualità costruttiva.
Conclusione & Prezzi
Utile per una giornata in piscina o per una passeggiata in montagna. Questa custodia waterproof è pensata anche per tenere al sicuro il nostro smartphone da urti, cadute o sbalzi di temperatura.
Se è proprio quello che stavate cercando, allora sappiate che non dovrete neanche sborsare troppo per averne una! E’ disponibile su Amazon ad un prezzo di circa 9 euro nelle colorazioni nero e bianco. Se avete un account Prime poi, non paghereste le spese di spedizione e vi sarebbe consegnato in 1 giorno lavorativo! Non sapete cos’è Amazon Prime? Date un’occhiata a questa guida:
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Ecco a voi i link all’acquisto:
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